Vivere come i beach boys
Il surf è molto più di una semplice disciplina sportiva: è un modo originale di affrontare il mare e la vita
In collaborazione con www.surfproject.it
Cavalcare le onde con una tavola. È il surf, disciplina a metà tra lo sport e lo stile di vita, che consiste nel planare sull’onda restando in piedi su una tavola. A seconda della parete d’acqua e della velocità, poi, è possibile effettuare una serie di manovre più o meno complesse.
In genere si pensa al surf come a un semplice sport. Definirlo, così, però, è limitativo. Certo può essere vissuto come sport o come hobby, ma per afferrarne fino in fondo lo spirito, per capire cos’è davvero, bisogna viverlo (ovviamente senza eccessi, fanatismi o correndo rischi inutili). Essere surfista, o meglio, essere un surfista completo, non vuol dire solo praticare il surf. Vuol dire vivere quel mondo e avere un ottimo rapporto col mare, con la natura, con se stessi e col prossimo.
Una storia che parte da lontano
Quando si cominciato a parlare di surf? La prima testimonianza risale addirittura ai resoconti di James Cook, verso la fine del Settecento. Cook è stato il primo europeo che vide surfare a Tahiti degli indigeni. Ma già in alcuni canti hawaiani del quindicesimo secolo si parla di surf. Tuttavia, per la prima vera diffusione del surf, dobbiamo andare agli inizi del ‘900. Fu il campione hawaiano di nuoto Duke Kahanamoku che, per primo, portò fuori dalle Hawaii il surf, proponendolo durante le sue esibizioni. Al resto pensò Hollywood che gli fece interpretare alcuni film aumentando così ancor di più la sua popolarità e quella del nuoto e del surf.
E così il surf inizia a crescere, e si diffonde particolarmente in California, fino a quando i surfisti, ormai in cerca di nuove onde, migrano verso le Hawaii, civilizzandole letteralmente.
Il surf subisce un forte crollo durante il periodo della seconda guerra mondiale per poi riprendere verso gli anni ‘60.
Ed è proprio in questo periodo, che troviamo una delle figure più leggendarie, temerarie e romantiche del panorama surfistico, Eddie Aikau.
Cresciuto sul mare questo ragazzo fece del surf da onda “La sua filosofia”.
Eddie viveva il surf non solo come divertimento, ma anche come legame spirituale con la natura, con Dio, perchè Eddie viveva il surf con l’anima…
Eddie fu il primo a cavalcare onde “giganti” già nel 1967 e divenne famoso in tutto il mondo… Ma a Eddie non interessava, lui non voleva essere famoso, lui surfava solo per sentirsi tutt’uno con la natura, con la potenza dell’oceano.
Diventò uno dei più grandi “guardaspiaggia” di Waimea Bay, un tratto di costa che vanta tra le onde più inquietanti del mondo. Eddie salvò in quegli anni così tante vite che fu premiato nel 1971 quale “Lifeguard dell’anno”.
Nel 1978 durante una regata sulle tipiche canoe Hawaiane (Hokule’a), un equipaggio fu sorpreso da un’improvvisa tempesta. Eddie decise di afferrare la sua tavola e di apportare i primi soccorsi all’imbarcazione.
Eddie riuscì a salvare l’equipaggio ma fu portato via dalla furia del mare, e il suo corpo non venne mai ritrovato… Pochi anni dopo inaugurarono in suo onore un contest, “In memory of Eddie Aikau” che si svolge ogni inverno tra le gigantesche onde di Waimea, dove viene invitata una ristretta scelta dei migliori surfisti del mondo.
Da qui il surf iniziò a crescere, prima con le tavole corte, portate ad alto livello dal mitico Gerry Lopez, che surfò senza paura il mortale spot hawaiano “Pipeline” (un tubo perfetto che chiude su pochi centimetri d’acqua) e progredendo sempre più, fino a Laird Hamilton e il suo team che surfa in tow in, ovvero con i piedi legati e facendosi trainare da una moto d’acqua, le gigantesche onde di Jaws, un’onda di 20 metri che rompe sull’isola di Maui, alle Hawaii.
In italia il surf si è iniziato a diffondere negli anni ’80. I primi surfisti sono esntrati in acqua con tavoloni da windsurf, senza vela, ricoperti di uno strato di cera di candela, per non scivolare. Perché da noi la moda del momento non erano le onde, ma era il vento, i windsurf.
I primi posti diventati interessanti per il surf sono stati la Versilia e la Sardegna, meta tra l’altro di molti europei che venivano apposta solo per surfare. Il vero boom c’è stato con il Campionato Europeo di Forte dei Marmi (siamo nel 1985), vinto dal leggendario Carwyn Williams. Anche in Italia una spinta importante è venuta dal cinema: furono film come “Un mercoledì da Leoni” e “Point Break” a far crescere la passione per questo sport.
L’Italia è un paese ricco di interessanti spot da onda. Capo Mannu, situato in Sardegna, è una delle destre più impegnative d’Italia e sicuramente uno dei posti preferiti sia per gli amanti del windsurf che per il surf da onda. C’è, poi, Varazze, lo spot storico più famoso ligure, una delle onde più potenti e pericolose in Italia. Il Pontile di Forte dei Marmi è una delle onde più frequentate della Toscana. A Santa Marinella c’è il Banzai, uno degli spot più famosi dell’Italia, che ha ospitato anche le World Qualify Series, cioè qualificazioni al WCT, World Championship Tour, la massima competizione del surf a livello mondiale. Nell’Adriatico, poi, c’è lo storico spot Rock Island dove si buttano tutti i surfisti riminesi e dove occasionalmente è possibile surfare belle onde.
Le manovre
È impossibile esaurire in poche battute la complessità di questa disciplina. Qualcosa, però, per chi muove i primi passi si può dire.
La manovra fondamentale del surf, necessaria, è il take off, ovvero la partenza. Quando ci si trova sulla line up(la zona dove si attendono le onde, dove cominciamo a rompere) e l’onda sta per arrivare, bisogna remare con forza con entrambe le braccia. Non appena si sente che la tavola comincia a muoversi da sola, bisogna mettersi in piedi su questa il più velocemente possibile.
La tecnica che, dopo la discesa dall’onda, riporta sulla spalla della stessa e permette di continuare a surfare con la giusta spinta è il bottom turn. Durante la partenza bisognerebbe già aver deciso il punto in cui iniziare a curvare. La decisione dipende dalla forma dell’onda: se è lenta è il caso di iniziare a curvare completamente alla base, mentre se è veloce bisogna mantenersi leggermente più alti sulla parete dell’onda. Lo sguardo deve essere fisso sul punto in cui si ha intenzione di eseguire la manovra.
Quando si impara a gestire la parete dell’onda nascono altre manovre, quale il cutback, che inverte il senso di marcia per riprendere poi la spalla dell’onda in arrivo, l’offthelip, che consiste nell’impattare col lip dell’onda in verticale, per poi tornare sull’onda o il reentry, che è un offthelip meno verticale. Col passare del tempo si scoprono sempre altre nuove cose… il surf è rivelazione!
***. BOX CON FOTO CARTELLA SPOT ITALIANI
L’Italia in uno spot
Capo Mannu
In Sardegna, è una delle destre più impegnative d’Italia e sicuramente uno dei posti preferiti sia per gli amanti del windsurf che per il surf da onda.
Varazze
Lo spot storico ligure più famoso, una delle onde più potenti e pericolose in Italia.
Forte dei Marmi
Il Pontile è una delle onde più frequentate della Toscana.
Santa Marinella
Il Banzai (siamo in provincia di Roma) è uno degli spot più famosi dell’Italia. Ha ospitato anche le World Qualify Series, cioè qualificazioni al WCT, World Championship Tour, la massima competizione del surf a livello mondiale.
Rimini
Nell’Adriatico c’è lo storico spot Rock Island dove si buttano tutti i surfisti riminesi e dove occasionalmente è possibile surfare belle onde.
***. BOX
Le regole d’oro del buon surfer
1. Quando vai a surfare, specie in un nuovo spot, non ti buttare subito in acqua. Aspetta osserva la situazione. Studia gli altri surfisti e le onde. La loro velocità, l’altezza. Se possibile chiedi informazioni a persone della zona.
2. Quando ti senti pronto, non esitare, entra. In line up tenta di acquisire familiarità con i surfisti locali, magari scambiando due chiacchiere se sono tipi disponibili.
3. Non ti buttare sulla prima onda che capita, aspetta il tuo turno con calma, lasciando che loro prendano le onde e capiscano che li rispetti. Dopotutto loro surfano lì da prima di te. In questo modo sarai a tua volta rispettato e sicuramente ben accetto.
4. Se lo spot è impegnativo e non sei abbastanza esperto cerca un posto più tranquillo in modo da non rischiare senza motivo di farti male.
5. Chi surfa ha la precedenza su chi rema per tornare sulla line up. Se stai tornando fuori fai un giro largo passando lateralmente rispetto ai surfisti. Non remare dritto in mezzo alla folla di surfisti, potrebbe risultare pericoloso. Se ti trovi in quella zona e non puoi farne a meno, tenta di passare il più possibile vicino alla parte della schiuma, dove l’onda ha già rotto, lasciando la parte pulita al surfista che la cavalca.
6. Prima di entrare in acqua, controlla che la tua attrezzatura sia in buono stato: il leash, la tavola, la paraffina ed eventualmente la muta e gli altri accessori e fai un po’ di stretching.
7. Valuta la tua forma fisica, devi avere una discreta resistenza, muscoli e polmoni ben allenati.
8. Quando sei in acqua tieni d’occhio quelli meno bravi di te. Se ti stanno vicino, per esempio se stai effettuando il take off e davanti a te c’è qualcuno in difficoltà, non prendere quell’onda rischiando di piombargli addosso.
9. Ricordati della tavola, quando è possibile tienila sempre sotto controllo, ricorda che la sua punta e le pinne possono risultare pericolose e taglienti.
10. Se vieni ‘frullato’, pensa solo a coprire la testa, e rilassa il resto del corpo, facendoti trascinare dall’onda. Nuota verso la superficie solo quando senti che l’onda non tira più. Nuotare mentre l’onda ti trascina è inutile e ti fa solo sprecare ossigeno.
11. Se rimani rapito da una corrente, rema in maniera parallela alla riva finché non raggiungi un luogo sicuro. Non nuotare contro corrente: sprechi energie rimanendo sempre nello stesso punto.
12. Non andare mai da solo in acqua, specie se ci sono condizioni pericolose o se vai in un nuovo spot.
***. SHOPPING
L’attrezzatura per fare surf
Le tavole principalmente sono di tipo shortboard e longboard. Le prime hanno uno stile molto aggressivo, radicale, con cui si possono affrontare le onde con estrema velocità e manovre radicali. La partenza con queste tavole è spesso frenetica, c’è bisogno di spingere molto velocemente e con forza.
Solitamente montano tre pinne, le più diffuse sono le fcs. A seconda della loro lunghezza (che può variare dai 6 piedi ai 6’8), della coda, e di altre caratteristiche, permettono di affrontare onde più o meno grandi, di essere più o meno manovrabili, e più o meno veloci.
Le longboard sono l’evoluzione delle prime tavole da surf, enormi e pesanti, di legno, lunghissime, ingombranti e senza pinne. La loro lunghezza può variare solitamente tra gli 8 e gli 11 piedi. Le longboard rispetto alle shortboard, sono molto più rilassanti da usare, sono facili da far partire, ma molto più difficili da far virare, ed è molto più difficile fare le manovre e usarle in modo radicale.
PS
l'articolo è stato scritto interamente da me e soltanto tagliato per adattarlo alla rivista dalla redazione della rivista "la mia barca", tuttavia come potete vedere a inizio articolo c'è scritto "In collaborazione con www.surfproject.it", vabbè... -_-