-Los Angeles
Inizia finalmente il nostro viaggio di nozze! Un caro amico ci accompagna la sera a Bologna, al mattino presto del giorno dopo si parte per Parigi, e quindi per Los Angeles!
Dopo una scorpacciata di film in aereo arriviamo e facciamo le solite lunghe e noiose (e soprattutto inutili) code di controllo per entrare in America.
Io ero già stato, mia moglie Rita no, quindi con piacere le faccio visitare quei posti così diversi dai nostri e le presento le care persone che conosco in America. Facciamo un giro a Venice Beach, dove non ero mai stato. Vicino al pier(cioè al molo) e andando verso nord notiamo alcuni surfisti qua e la che surfano qualche ondina di mezzo metro. Arriviamo allo skatepark: un’enorme pool piena di gente che esegue uscite in aerial, aggancia rail e vi gira ad alta velocità.
La sera shopping e cena Grow, un grandissimo e magnifico centro commerciale all’aperto pieno di ristoranti, negozi e musica dal vivo nel parco principale.
-Tahiti
Partiamo da Los Angeles, il volo è molto rilassante, specialmente per via dei bei sedili azzurri e verdi della compagnia aerea.
In poche ore si fa buio, l’aereo sta per atterrare, è la prima volta che durante un atterraggio non vedo nulla… tutto buio! Solo una volta vicini a terra si vedono le poche luci dell’aeroporto di Tahiti…
L’arrivo è fantastico, ad accoglierci nel minuscolo aeroporto c’è un gruppetto locale che suona tipiche canzoni polinesiane.
Il ragazzo che fa il tour operator è italiano e abita lì da due mesi.
L’hotel dove arriviamo è molto carino, scendiamo per cena e facciamo amicizia con alcuni turisti, fra cui un Giuseppe, un ragazzo italiano che abita in Australia.
Una volta in camera mia moglie, Rita, si dimentica il balcone aperto, e la nostra stanza si riempie di insetti, di cui non conosciamo la pericolosità, e ci facciamo mandare qualcuno dalla reception che ci aiuta da bravo ecologista come siamo anche noi, a metterli fuori dalla stanza.
Per un errore nell’impostazione dell’orologio ci svegliamo un’ora prima, ma siamo stati fortunati, poiché questo ci ha permesso di vedere l’alba, uno spettacolo quasi al pari del tramonto, con l’isola che piano piano prima dal mare alla terra ferma si illumina prima di azzurro, per poi colorarsi in maniera variopinta.
Scendiamo a fare colazione, la sala è molto grande, la stessa dove abbiamo cenato, con musica dal vivo. I ragazzi che suonano quando gli applaudiamo ci sorridono, e le altre persone in sala, inizialmente timide ad applaudire, seguono il nostro applauso.
Pensavamo di avere un volo verso Moorea, e invece scopriamo con sorpresa che il trasporto sarà su di una barca. Il pulman che va verso il porto si ferma prima in un altro hotel, vicino al nostro. Mentre attendiamo che gli altri passeggeri arrivino, mi fermo sull’enorme balcone a fotografare un’onda che rompe solitaria alla barriera corallina. Zoomando la foto capisco che è almeno 3 metri, ma nessuno è in acqua a surfare, infatti lì non ci sono passaggi. Successivamente mi hanno spiegato che normalmente si surfano solo i passaggi dei reef, e raramente si surfano le onde sui reef chiusi.
Mentre faccio le foto un ragazzo si avvicina e mi guarda la maglietta, che era del Tehaupoo Pro, e mi chiede se ho surfato lì. Ho sorriso rispondendo di no, che ho comprato la maglietta in Italia! Lui e sua moglie sono neozelandesi e fanno un po’ di surf. Facciamo il tragitto in barca insieme, mentre usciamo da Tahiti ci mostrano le foto dei loro figli e sorridono nel vedere il mio entusiasmo per tutte quelle onde perfette che vedo srotolare lungo i tanti reef.
Arriviamo, prendiamo il bus dell’hotel e scopriamo il bellissimo resort che ci hanno prenotato… Immerso nella natura e circondato da una barriera corallina, con le enormi montagne di Tahiti visibili a pochi chilometri. Ci diamo allo snorkeling e conosciamo una coppia di italiani che si erano fatti come viaggio di nozze tutto il tour dell’america per poi concludere con Moorea.
Nel frattempo mi informo sul surf, a Moorea gli spot più famosi sono Hapiti e Tameo. Il primo si trova a sud dell’isola, e presenta un’onda massiccia ma al tempo stesso non troppo veloce, tuttavia insurfabile col mare grosso, in quanto il passaggio è bloccato e non si può uscire.
Il surf shop più noto è quello chiamato Exotica, dove arriviamo e conosciamo figlia dei propetari, una simpatica ragazza cicciona che ci racconta ridendo di aver smesso di surfare in quanto da quand’è ingrassata gli altri ragazzi iniziarono a scherzare su di lei! A Tahiti in generale è tutto caro ma i prezzi dello shop erano decisamente accettabili. Su wannasurf avevo letto che mentre Hapiti è meta di molti surfisti, Tameo è nota per il localismo, ma la ragazza del negozio mi ha spiegato che in verità i locali di quella zona se presi con amicizia e simpatia rispondono allo stesso modo, e che a loro stanno antipatiche le persone che arrivano facendo i fenomeni, dicendo per esempio “yo, io vengo dal brasile, faccio surf su onde enormi!” e parlando poco, tirandosela insomma.
Nell’hotel conosciamo Viritahi, “Viri”, un gentilissimo ragazzo della reception che successivamente ci invita a bere assieme ai suoi amici, uno dei quali fa surf regolarmente e mi mostra foto di entrambi gli spot, fra le quali mi hanno particolarmente colpito quelle di Tameo, dove Bruce Irons e altri pro si surfano onde di 3 o 4 metri. Fra l’altro mi hanno detto che Kelly Slater era in vacanza nello stesso hotel giusto alcune settimane prima.
Il giorno dopo facciamo la nostra prima immersione subacquea con le bombole, ovviamente guidata, un’esperienza meravigliosa.
Al ritorno noto un poster autografato di Tehaupoo con un surfista polinesiano appeso nel diving center, e faccio amicizia con uno dei responsabili, un simpatico ragazzo che parla italiano benissimo, che fa surf e windsurf. Insieme controlliamo la swell: Hapiti è chiuso perché troppo grande, Tehaupoo a Tahiti invece è gigante e surfabile! Di sicuro non sarei andato io a prendere onde, ma foto e video dal canale penso che sarebbe stata un’esperienza indimenticabile!
Chiedo a Viri di prenotarmi barca e macchina a noleggio per il giorno seguente!
Sulla barca una coppia di italiani ci consiglia di andare a vedere il “Tiki village”, un tipico villaggio polinesiano. Qui conosciamo Thioni, un ragazzo Tahitiano simpaticissimo che parla benissimo italiano che si era esibito assieme al suo gruppo di balli tradizionali in una discoteca vicino alla nostra Rimini che si chiama Papeete proprio come la capitale di Tahiti! Thioni ci guida lungo il villaggio in un bellissimo tour dove ci fa vedere la ricostruzione di tante abitazioni classiche polinesiane, la casa di Gougin, fino alla cena tipica. A seguire uno stupendo spettacolo di danze tradizionali che raccontano la storia di un principe e di una principessa portata dall’oceano.
Il giorno dopo come da programma partiamo per Tahiti.
Mentre andiamo verso l’Avis per prendere la macchina a noleggio ci fermiamo in un negozio di perle, aveva delle buone occasioni al 50%. Tehaupoo è dall’altra parte dell’isola, quindi ci avrebbe atteso circa un’ora e mezzo di auto. Una volta usciti dalla caotica Papeete mi fermo ad un distributore a chiedere se la direzione è quella giusta, quando gli dico Tehaupoo lui mi risponde “yeah, surf!” e mi fa il saluto hangloose.
Dopo tanti spendidi panorami arriviamo a destinazione, la pensione Bonjouir, dove ci attende la nostra barca. A pilotarla è uno dei primi surfisti di Tehaupoo, col quale facciamo subito amicizia, che ci racconta di tutti i surfisti che hanno surfato lì, e di Malik Joyeaux, il surfista tahitiano morto alcuni anni fa a Pipeline, per il quale furono gettati fiori in acqua in tutta Tahiti. Fra l’altro anche Viri dell’hotel di Moorea era molto amico con Malik.
Dopo alcuni minuti arriviamo al canale di Tehaupoo, ed ecco lo spettacolo, quell’immensa montagna d’acqua di almeno 4 metri che si alza e crea un tubo ripido e spesso, che si infrange sul corallo.
Le onde sono enormi e pensare che il giorno prima erano almeno due metri più grandi e c’erano alcuni in tow-in! Appena arrivai sul canale raccolgono un leash spezzato, che io mi faccio regalare come souvenir.
Dopo un po’ ecco il primo set, un muro che sembra arrivare dritto verso la barca, ma che invece inizia a girare a semicerchio, come se fosse un anfiteatro con gli spettatori. In acqua tantissimi pro, dal tutto il mondo, fra cui Makua Rothman, Raimana Van Bastolear, Maya Gabeira, e tanti altri.
Raimana dopo un po’ esce e rientra con lo stand up paddle! Che pazzo, si lanciava su quelle onde con un longboard e un remo!
Ogni tanto arrivano dei set più piccoli di non più di un paio di metri, sui quali mi sarei anche buttato, ma il nostro surfista della barca mi dice che la mareggiata è da sud est, quindi molto tecnica, e che quando arrivano i set grossi bisogna vederli e sapere esattamente dove stare se non si vuole essere frullati via da quell’onda enorme.
Due giorni dopo saremmo partiti.
Arriviamo al piccolo aeroporto di Moorea in pochi minuti, qui incontriamo una coppia di toscani, anche loro in viaggio di nozze, che avevamo conosciuto al Tiki Village e che stavano nel nostro stesso hotel.
Molto simpatici e fissati con le mini-bottigliette di liquori, ne avevano prese talmente tante che i loro bagagli superavano di diversi chili il limite consentito!
Partiamo da Moorea dispiaciuti, il tempo c’era volato in quella stupenda isola!
-Huahine
Stiamo per atterrare a Huahine, fin dall’aereo notiamo quanto sia selvaggia l’isola.
Ad accoglierci una gentile e corpulenta donna tahitiana. Nella tragitto in barca che ci porta da Fare(l’unica piccola città dell’isola) al resort, noto diverse onde che rompono in lontananza e domando alla tahitiana, la quale mi spiega che il primo spot che abbiamo visto, si chiama appunto Fare, come il paese, ed è un’onda molto pericolosa e veloce, con un fondale basso e con della forte corrente nel canale che spinge verso il largo. Fra l’altro mi ha raccontato che un turista è morto surfando lì alcuni anni prima.
Verso il resort c’è un’altra onda, in prossimità di un altro piccolo villaggio, meno pericolosa e più facile, ma più affollata, Fitii. Sul lato opposto dell’isola ci sono diverse altre onde surfabili, ma più frequentemente usate per fare wave da windsurfer e kite.
Ho conosciuto due ragazzi surfisti del posto, che abitano nei pressi di Fitii, molto simpatici e cordiali, mi avrebbero prestato la loro tavola alla prima swell buona. Mi hanno raccontato che Huahine è diventata famosa per il surf quando girarono un famoso video. In occasione del video molti ragazzi del posto iniziarono a surfare e a fare localismo con tutte le persone che ispirate dal film andavano a Huahine per surfare. In verità queste stupide persone iniziarono a farlo solo per moda e perché non sapevano cosa fare, per esempio negli ultimi tempi va di moda la canoa, e molti di loro non surfano più.
Invece i ragazzi che ho conosciuto surfavano già e ancora surfano, con grande passione.
Altri due surfisti dell’isola sono Jean Luc e sua figlia, che hanno il noleggio barche di fianco al ristorante Mahi Mahi, un ristorante dove abbiamo pranzato assieme ad una coppia di portoghesi e una di brasiliani che stavano nel nostro resort. Di fianco al Mahi Mahi si trova anche un negozio di souvenir appartenente ad un hawaiiano. Jean Luc è l’unico dell’isola a trattare tavole (fra l’altro a prezzi buoni, specie se pensiamo che tutto il resto ha prezzi altissimi) e a noleggiare barche per arrivare allo spot. Fra l’altro è una persona disponibile, ci avrebbe scortato lui in condizioni di mare grosso allo spot.
Lo spot da lontano e senza nessuno in acqua sembra piccolo, attorno al metro, e invece quando Jean Luc e la figlia l’hanno raggiunto, e quando abbiamo visto un kitesurfer prendere alcune onde, ci siamo accorti che i set grossi erano da almeno tre metri! Facendo lo zoom con la digitale ho anche potuto capire la forma dell’onda, un tubo perfetto e scavato, un mini tehaupoo, come l’ha definita Jean Luc.
A Huahine facciamo amicizia con dei francesi, e chiedo loro di poter usare la loro digitale per passare alcune cose dalla digitale al computer, ma nello spostare la card tutte le foto spariscono! Disperazione, settecento foto sparite!! Non sapevo ancora che successivamente ne avrei recuperate più della metà con un apposito programma una volta tornato a casa, e infatti io e mia moglie presi dalla disperazione abbiamo iniziato a scattare tantissime foto ogni giorno. I giorni successivi ci siamo dedicati anche all’esplorazione dell’isola, subito fuori dal resort infatti si può assistere a decine e decine di metri di spiaggia deserta, con qualche piccola casa all’interno della vegetazione dove quando ti vedono ti salutano amichevolmente.
Invece il paese, Fare, non è niente di che, piccolo, poco organizzato e dove poca gente parla bene l’inglese.
Spettacolare la baia davanti al resort, in fondo c’era una piccola piattaforma, dopo la quale l’acqua passava da un paio di metri di altezza a quasi dieci, mostrando tantissime varietà di pesci e coralli.
Il direttore del resort, Sylvaine, ci propone un tour molto interessante dell’isola.
La prima tappa è verso una palafitta sull’acqua al centro di una laguna, dove allevano artificialmente le ostriche per la produzione di perle. Ci hanno raccontato che l’ideatore di quella palafitta si era stabilito inizialmente ai margini della laguna con la propria famiglia, e, quando si accorse degli sciami di zanzare che la infestavano, decise di spostarsi in mezzo all’acqua, dove le zanzare non riuscivano ad arrivare.
Il valore delle perle invece viene dato in base alla dimensione, al colore, alla mancanza di imperfezioni e alla sfericità. Subito dopo saliamo a bordo del catamarano assieme al gruppo e iniziamo il giro della laguna. Ad un certo punto si ferma e spegne i motori. La corrente ci avrebbe portato fino al posto previsto per un pic nic, e chi voleva poteva scendere per fare snorkeling. Il primo è un ragazzo francese, che era in vacanza con la mamma che lo guardava dalla barca, poi scendiamo io e mia moglie, poi altre persone.
Vediamo un sacco di pesci, ed è divertente notare come la corrente trasporti velocemente verso la direzione indicata senza nemmeno accorgersene. Arriviamo sul luogo del pic nic, e mangiamo vari piatti tipici che ci preparano al volo, fra cui tartare di tonno condita con latte di tonno, il tutto servito su piatti puliti sul momento nell’acqua di mare. Incredibile la quantità di pesci che si avvicinano a riva e arrivano praticamente sulla sabbia pur di mangiare gli avanzi, evidentemente conoscono la zona e sanno che il tour passa spesso da lì. Anche tanti cani randagi si aggirano in cerca di qualche avanzo.
Facciamo amicizia con una coppia di italiani appena arrivati dal Giappone, anche loro stanno nel nostro stesso resort. La tappa successiva era quella più emozionante: il bagno con gli squali!
Il catamarano prosegue e accosta ad una piattaforma vecchia e arrugginita. Qui chi vuole scende in acqua e si attacca ad una corda. Non c’è niente che ti divide, solo una corda dove stare agganciato.
Ammetto di aver avuto una certa agitazione all’inizio, quindi entriamo.
La guida lancia il cibo in acqua e in mezzo ai tantissimi pesci ecco comparire gli squaletti! Non erano enormi, massimo un metro e mezzo, ma vederli faceva abbastanza effetto, anche perché nuotavano non solo nella zona di lancio del cibo ma anche fra le corde, a poche decine di centimetri dal pubblico!
Dopo un po’ l’abitudine a vederli fa passare la paura, e mi diverto a scattare un sacco di foto sott’acqua a quelli che sono l’incubo di tanti surfisti! In realtà gli squali non attaccano l’uomo ma attaccano i surfisti perché li scambiano per il loro cibo cioè squali e tartarughe. La guida, fra l’altro un tipo bizzarro pieno di tatuaggi e che sulla barca visto da dietro con le foglie in testa e il cappuccio rosso sembrava Dante, ci spiega che oltre il reef (la barriera corallina), ci sono squali di cinque metri!
Sulla via del ritorno il motore della barca si rompe e ci vengono a prendere con un’altra barca.
La sera le cene al resort sono meravigliose. Hanno del sashimi buonissimo. Infatti in Polinesia il cibo migliore è il pesce, pescato e lavorato sull’isola. Il resto del cibo è importato quindi risulta di media qualità.
La cena si fa molto presto, alle nove di sera il ristorante già chiude. Noi una sera siamo arrivati alle nove passate e ormai avevano già tutti finito di cenare. C’era un terzetto che faceva musica dal vivo con chitarre e ukulele. Gentilmente ci hanno fatto da mangiare ma la cosa più bella è che il gruppo è rimasto a suonare praticamente solo per noi, è ed è andato avanti fin quando non siamo andati via e ci siamo allontanati oltre il molo verso il giardino del residence. La cordialità e la gentilezza infatti caratterizzano molte persone del posto.
Dopo alcuni giorni come da programma partiamo per quella che è chiamata la “perla del pacifico”, la mitica Bora Bora.
-Bora Bora
Arriviamo all’aeroporto e per la prima volta vediamo un’insolita cosa: dall’altra parte delle piste di atterraggio, a una quindicina di metri c’è il mare con l’attracco per le barche!
Come sempre ci vengono ad accogliere e saliamo sul motoscafo che attraversa la laguna.
Il resort è magnifico, come l’isola del resto. La città è praticamente inesistente, il mercato vicino al nostro resort invece vende di tutto! Abbiamo fatto amicizia con coppie americane ed italiane.
Fuori dal market e in hotel ho subito conosciuto persone del posto e ho chiesto informazioni per il surf, a Bora Bora esiste un solo spot, diviso in due picchi con due onde, infatti l’isola è completamente circondata dalla barriera corallina e quello è l’unico passaggio presente.
Lo spot consiste quindi è diviso in left, una sinistra tubante, corta e insidiosa, che rompe su reef affiorante e spesso fa close out e right, un’onda leggermente meno veloce ma più lunga e più comodamente surfabile.
Ciò nonostante il surf è abbastanza sentito sull’isola, e molti lo praticano, spostandosi anche da isola a isola o nell’unico spot presente. L’isola offre molte attività, dal wakeskate al kite, windsurf, jetsky escursioni ecc… Abbiamo fatto un giro in jetsky e abbiamo conosciuto dei giapponesi troppo divertenti. Fra l’altro girare per l’isola è qualcosa di meraviglioso, la laguna è reputata la più bella del mondo, semba un’enorme piscina tanto l’acqua è chiara. Bisogna solo stare attenti a guardare dove affiorano i coralli.
La nostra guida ci ha portato durante la pausa in una piccola capanna dove ci ha spiegato come veniva fatto il latte di cocco e ci ha mostrato una selezione di frutta
Una delle sere all’hotel hanno fatto uno spettacolo tipico con danze e quant’altro, e ballerini e ballerine venivano a chiamare i turisti. Un ragazzino, il più piccolo del gruppo da lontano ha visto mia moglie e timidamente è venuto a chiamarla, era buffo vedere la differenza di altezza nello spettacolo, ma il ragazzino per quanto piccolo era molto bravo a ballare ed era grazioso vestito come gli altri, ma più piccolo.
Il giorno dopo siamo arrivati con la canoa fino all’isola di fronte, e siamo saliti sulla cima di questa: ci aspetava una visione incantevole di Bora Bora e del mare che la circonda. In cima c’è anche una capanna, dove ho inciso su di un paletto di legno le nostre iniziali, ma non ditelo a nessuno!
La partenza si avvicinava, avevamo lasciato il sunset tour (tour al tramonto) in catamarano per l’ultima sera, ma purtroppo le condizioni atmosferiche non erano delle migliori, anzi iniziò pure a piovere, quindi dovemmo rinunciare.. La mattina dopo abbiamo preso i vari voli per tornare a Los Angeles e il giorno seguente siamo tornati in Italia, con nel cuore ancora tutti quei posti, il mare cristallino e infinito, le nuvole, il vento, le onde e il profumo dei fiori. E’ uno dei posti più belli del mondo, e penso che una volta che ci si è stati sia impossibile non volerci tornare, ci si sente immersi nella natura e si respira la magia di un paradiso terrestre.